IV domenica di Quaresima/A: "Io sono la LUCE del mondo"
La IV tappa
del nostro cammino quaresimale verso la Pasqua ci offre una seconda definizione
di Gesù: non è solo l'acqua viva capace di dissetare i nostri bisogni vitali,
ma è la luce capace di indicarci il cammino.
In
realtà credo che ogni tappa della quaresima ci offra una dimensione-definizione
di Gesù:
- Gesù è il TENTATO che ci aiuta
a vincere le nostre tentazioni
- Gesù è il TRASFIGURATO che ci
indica la meta del nostro pellegrinare
- Gesù è l'ACQUA VIVA che disseta
il nostro bisogno di vita piena, buona, eterna
- Gesù è la LUCE del mondo che
illumina il nostro cammino interiore
Il
miracolo del CIECO NATO raccontato solo da Giovanni è ANOMALO: il cieco non
chiede di essere guarito, non viene interrogato. E' un emarginato che vive di
stenti e si accontenta delle briciole offerte dai passanti nelle loro
elemosine. Gesù LO VEDE: vede un uomo che ha bisogno di aiuto. Gli altri
(compresi i discepoli di Gesù) o non lo vedono (è un "invisibile",
uno da cui passare oltre) o lo vedono come un PECCATORE: o lui o i suoi
genitori (ci doveva essere un motivo del genere se Dio ha permesso che nascesse
cieco). Ma Gesù è chiaro: "Né lui ha peccato, né i suoi genitori".
Gesù
ci incontra (e ci trasforma) così come siamo. «Nel Vangelo il primo sguardo di Gesù non si posa
mai sul peccato, ma sempre sulla sofferenza della persona» (Johannes
Baptist Metz). Gli altri cercano le colpe, Gesù cerca la persona: senza
giudicare, solo per avvicinarsi.
"Gesù è Dio che si contamina con l'uomo, ed è anche l'uomo che si contagia di cielo. Ogni uomo, ogni donna, ogni bambino che viene al mondo, che viene alla luce, è una mescolanza di terra e di cielo, una lucerna di argilla che custodisce un soffio di luce"(E.Ronchi).
E'
un miracolo anomalo anche per la MODALITA' in cui Gesù interviene per guarirlo:
usa fango e saliva per creare una mistura da mettere negli occhi del cieco. Una
sorta di RI-CREAZIONE: come Dio ha creato l'uomo plasmandolo dal suolo con
terra a cui diede forma umana e su cui soffiò un alito divino per donargli
vita, così Gesù mette sulla nostra umanità (terrena-terrestre) la sua saliva,
cioè ciò che esce dalla bocca: la saliva indica (oltre ad un coinvolgimento
intimo) la PAROLA DI DIO che ci è donata per illuminarci.
Ed
ILLUMINATI erano chiamati i cristiani dei primi secoli: persone che avevano
ricevuto la LUCE della FEDE da Dio e vedevano ora in modo nuovo, più profondo,
più pieno e vero. Fede che il cieco mostra di avere subito: si fida della
parola di Gesù e, come gli ha chiesto, và a lavarsi nella fontana di Siloe (“che
significa “INVIATO”).
Inizia
così un PROCESSO intentato dagli avversari di Gesù su di lui. Sul banco degli
imputati viene messo il cieco risanato e il contrasto tra lui e i
"giudici" è evidente:
-
da una parte c'è chi era cieco e ora ci vede e riesce a vedere il bene
ricevuto, il bene in colui che gli ha fatto dono della vista;
-
dall'altra c'è chi ci vede, ma vede solo il negativo, non riconosce il bene che
è stato fatto, accampa scuse per rifiutare la realtà, si aggrappa al fatto che
era SABATO[1],
che probabilmente il cieco mentiva (per cui fanno chiamare a testimoni i
genitori del cieco, i quali - per paura delle possibili ritorsioni - evitano di
prendere posizione), cerca di scorgere il male in colui che ha fatto del bene e
in colui che lo ha ricevuto...
-
altri rimangono a metà strada: riconoscono il segno compiuto e il fatto che un
peccatore non è in grado di compiere segni del genere ("che venga allora
da Dio?). "E c'era dissenso (divisione) tra di loro": tra gli
"atei" e gli "agnostici" o "possibilisti".
Scriveva
il cardinal Martini:
«Ritengo che ciascuno di noi abbia in sé un non credente e un credente, che si parlano dentro, si interrogano a vicenda, si rimandano continuamente interrogazioni pungenti e inquietanti l’uno all’altro. Il non credente che è in me inquieta il credente che è in me e viceversa. […] La chiarezza e la sincerità di tale dialogo mi paiono sintomo di raggiunta maturità umana».
Il
cieco arriva a riconoscere la realtà di Gesù: lo chiama "profeta" e
poi, in un rapporto personale, arriva a riconoscerlo come Signore. Gli altri
rifiutano la realtà di Gesù, cercano di screditarlo e di eliminarlo: non
vedono, presumono di vedere. Ma questa loro presunzione di non aver bisogno di
guarigione li rende peccatori, li lascia nella loro condizione di non vedenti
(il bene) e di persecutori.
NON
BASTA VEDERE PER CREDERE. E' necessario CREDERE PER VEDERE!
[1] “Per la seconda volta Gesù guarisce di sabato. E invece del canto di
gioia entra nel Vangelo un'infinita tristezza. Ai farisei non interessa la
persona, ma il caso da manuale; non interessa la vita ritornata a splendere in
quegli occhi ma la “sana” dottrina. E avviano un processo per eresia: l'uomo
passa da miracolato a imputato”.